Emanuele Franz: Il tema oggi tanto in voga della teoria gender viene preso a braccetto da un certo tipo di femminismo. Questa discussione, secondo cui l’uomo non sarebbe uomo biologicamente e la donna non sarebbe donna biologicamente, si basa su un’autopercezione che viaggia con una specifica cultura sostitutiva di un certo tipo di uomo e di società.
Insomma, in quanto scienziato, Pier Giorgio, ti chiedo: uomo e donna sono dei dati oggettivi, biologici, oppure…
Piergiorgio Odifreddi: L’ideologia gender in realtà non ha nulla a che vedere con la scienza, ha a che vedere con la sociologia, con la sociologia femminista americana. Sono tre caratterizzazioni molto precise. Già la sociologia con la scienza ha poco a che fare. Il femminismo americano poi è una cosa molto diversa dal femminismo europeo: se noi pensiamo a come è nato il femminismo americano, per esempio negli anni ’60, a confronto col femminismo europeo che per esempio si potrebbe ispirare al “Secondo sesso” di Simone de Beauvoir, possiamo dire che c’è una differenza essenziale. In America, più che esserci un’idea di parità di generi tra l’uomo e la donna e quindi una rivendicazione di parità, c’era anche – e lo si vede chiaramente pure oggi nella relazione – un odio verso la parte maschile della società, tanto che diventa una lotta, invece che di classe, come nell’Ottocento, una lotta di generi.
Mentre invece il femminismo europeo era una cosa molto diversa. Simone de Beauvoir, per esempio, sosteneva che le donne non dovrebbero avere come obiettivo quello di possedere gli stessi diritti degli uomini e comportarsi esattamente come loro ed essere accettate allo stesso modo nella società degli uomini. Bensì si tratta di proporre un modo alternativo di vita, cioè il modo femminile rispetto a quello maschile. Il modo maschile, che sarebbe quello della corsa alla carriera, del mostrare i muscoli, del combattimento contro l’altro e un mondo femminile che deriva ovviamente dalle differenze biologiche che ci sono. La scienza su questo non ha nessun dubbio: cioè, a tutt’oggi non c’è nessun altro modo di produrre dei figli, di procreare, se non mettendo insieme i gameti dell’uomo e della donna.
Poi uno può arrampicarsi sui vetri e fare i ‘genitore 1’ e ‘genitore 2’, ma rimane il fatto che quando uno vuol procreare un figlio, da una parte ci deve essere un contributo maschile e dall’altra parte quello femminile.
Ora, le coppie – per esempio – di soli maschi o di sole femmine devono raggirare questa cosa. Una volta si chiamavano semplice- mente genitori putativi. Nel caso di Gesù Cristo, per esempio, c’era un padre vero che era Dio Padre e poi c’era San Giuseppe, che però non si chiamava genitore uno o genitore due, erano due cose diverse, la Madonna era la madre, ma San Giuseppe non era padre, si chiamava putativo. Ma oggi non piace chiamarsi ‘putativo’, non piace chiamarsi ‘adottivo’ e si vuole dire ‘Io sono il vero padre’. Da un punto di vista dei diritti, non c’è nessun problema: se io voglio dire che sono il padre di qualcuno senza esserlo, o se voglio dire che ho un sesso diverso da quello che ho senza averlo, sono fatti miei. È una questione psicologica.
Emanuele Franz: È un fatto sociologico.
Piergiorgio Odifreddi: Se io dico per esempio che mi sento grasso o mi sento magro, oggi c’è questo problema. “Grasso è bello” per esempio, ci sono queste modelle estremamente sovrappeso, e questo va benissimo.
Ma nel caso del peso, che è meno sensibile della questione del genere, nessuno si sogna di dire “Però non esiste la forza di gravità” oppure che non esiste la forza peso, che non c’è un peso effettivo per cui, quando io mi peso sulla bilancia, se peso 200 kg posso anche dire che il peso è bello, ma questo non significa che sia un peso minimo. E allora la mia percezione psicologica è una cosa: “Mi sento magro, anche se peso 200 kg”, ma non posso pretendere che gli altri dicano che non c’è il peso e che invece non peso quella quantità. E la stessa cosa succede per l’età. Thomas Mann in “I Buddenbrook” diceva che non si ha l’età che si ha, ma si ha l’età che si crede di avere. Allora uno si sente giovane, anche se ha 80 anni, o si sente vecchio anche se giovane. Benissimo, anche quella è “identità di età” analoga all’ “identità di genere”. Ma di nuovo questo non significa che non esista il tempo, che non ci siano metodi per misurare il tempo con gli orologi, che uno che ha 80 anni ha 80 anni anche se sente di averne 20 e viceversa.
Emanuele Franz: Sì, sì. Chiarissimo.
Piergiorgio Odifreddi: E nel caso del genere è uguale. Ma chissà per quale motivo si decide che il genere deve essere trattato in maniera diversa, quindi se io sono uomo, donna, mi sento qualche cos’altro, e alla fine quella è la mia percezione e significa che non esiste il genere.
Il genere dal punto di vista biologico è chiaro che esiste, se non altro sono i nostri cromosomi a dircelo. A differenza delle razze, qualcuno potrebbe dire che le razze sono una cosa più sfumata, che è difficile identificarle geneticamente, e alcuni biologi si basano su questo per dire che non si può parlare di razze umane, perché non si sono identificati i generi che distinguono razza nera da quella cinese e così via. Ma, nel caso del sesso, la cosa è semplicissima, cioè si guardano i cromosomi: se ci sono dei cromo- somi y quello è un uomo e se ci sono i cromosomi x quella è una donna. E la cosa finisce lì, e tra l’altro anche quando si dice “cambiamento di genere” si deve capire che si cambiano gli attributi esterni: uno può decidere di cambiare i propri organi genitali sull’esterno, può decidere di fare terapie ormonali, cambiare livelli di testosterone e così via, ma queste sono cose artificiali. Quelli sono semplicemente sintomi di quello che poi uno vera- mente è.
Questo non significa che non ci siano dal punto di vista naturale delle malformazioni di genere, una volta si chiamavano “disfunzioni di genere”. Adesso queste parole non si possono più dire. Vi sono per esempio delle disfunzioni, come il fatto che ci può essere il cromosoma XYY oppure XXY. Si tratta di malattie: non esistono solo cromosomi y, ci possono essere persone che hanno solo cromosomi x, le donne sono così, ne hanno due, però possono averne tre o quattro o cinque, che provocano appunto dei problemi. Però non c’è nessuno che possa avere soltanto cromosomi y perché la cosa non è auto-sostentativa. Chi nasce con soli cromosomi y dura poco e muore.
Emanuele Franz: Cioè, la natura la vince sempre…
Piergiorgio Odifreddi: Quindi l’identità di genere, e questa è la conclusione, non è una questione oggettiva, ma è una questione soggettiva, nel senso letterale perché riguarda la percezione che ciascuno ha di sé rispetto a questioni sessuali e di questo genere. Ma le percezioni sono una cosa: questo non significa che si può negare l’oggettività, a meno che uno non sia per l’appunto un sociologo americano femminista.

Questo estratto dell’intervista allo scienziato e matematico Piergiorgio Odifreddi, a cura di Emanuele Franz, è tratta dal libro:
Titolo: Dialoghi sull’Identità di Emanuele Franz
Con le interviste a: Noam Chomsky, Sua Santità il Dalai Lama, Aleksandr Dugin, Giulietto Chiesa, Diego Fusaro, Alain de Benoist, Vittorio Sgarbi, Reinhold Messner, Antonino Zichichi, Piergiorgio Odifreddi, Marcello Veneziani, Massimo Fini, Angelo Branduardi, Vito Mancuso, Guido Tonelli, Mauro Mazza, Urgyen Norbu Rimpoche, Hivshu Robert E. Peary II, Franco Cardini
Editore: Audax Editrice (www.audaxeditrice.com)
Pagine: 214
Dorso: 15,12 mm
Formato: 14,8×21 cm (A5)
Codice ISBN: 978-88-96144-94-7 Prezzo di copertina: 25 euro
Data di pubblicazione: 18 marzo 2024
Per consultare l’intervista integrale è possibile acquistare il libro al seguente link: https://www.amazon.it/dp/8896144949
